28/02/2025 — Scintille
Tradizione, goliardia e comunità: el Carneval de Valfloriana

- 4 minutiA Valfloriana, piccolo Comune di 500 abitanti tra le Valli di Cembra e Fiemme, alcuni anni fa il Carnevale tradizionale rischiava di scomparire. Un gruppo di volontari lo ha adottato, facendolo diventare un elemento in cui la comunità di riconosce.
El Carneval de Valfloriana è il rito di una piccola comunità di 500 abitanti, sparpagliati tra le 11 frazioni del Comune, situato al confine tra le valli di Cembra e di Fiemme. Un carnevale che rischiava di scomparire, ma che un gruppo di volontari ha adottato e fatto diventare uno dei più importanti elementi attorno a cui la comunità si aggrega e si riconosce.
Ne abbiamo parlato con Emil Lozzer, Presidente della Pro Loco di Valfloriana, nata 4 mesi fa proprio dalla trasformazione del Comitato del Carnevale di Valfloriana.
Emil, ci racconti come funziona El Carneval di Valfloriana?
Il momento clou del carnevale è la sfilata del sabato grasso, che quest’anno ricorre il 1° marzo. Si parte alle ore 10 da Sicina, nella parte più alta del paese, per spostarsi poi nel corso della giornata in altre 6-7 frazioni, fino all’arrivo in località Villaggio verso le 17.
Il nostro è un corteo spontaneo, con i partecipanti che si riuniscono la mattina al punto di partenza senza nessun accordo preliminare. Solitamente siamo una cinquantina e ci spostiamo rigorosamente a piedi tra una frazione l’altra, senza trattori o auto.
Quali sono le maschere protagoniste di questo carnevale?
La nostra sfilata si rifà al corteo nuziale medievale, che si spostava di castello in castello. Ad aprire “le danze” sono i Matòci, figure maschili con il vestito e il cappello neri, ornati di fiocchi, fiori e coccarde; indossano un campanello in vita e una maschera di legno, la facéra, che facilita la parlata con la voce il falsetto. Questi sono gli ambasciatori del corteo, che, all’ingresso delle varie frazioni dove è stata scherzosamente istituita una dogana, devono convincere gli abitanti ad aprire le porte a tutto il corteo.
Ne nascono dei contrèst, dei dibattiti scherzosi, in cui i Matòci mostrano le carte, scritti caserecci autoprodotti con prese in giro goliardiche di persone e di avvenimenti successi in paese.
Nella sfilata poi seguono gli Arlechini, con un vestito bianco e un alto cappuccio conico ricoperto di decorazioni colorate, a simboleggiare l’arrivo della primavera. Ballano in cerchio al suono delle fisarmoniche, che ripropongono una marcetta tramandata oralmente di padre in figlio. Dopo troviamo la coppia di sposi, in cui il marito è interpretato da una donna e viceversa e le Béle, gli invitati a nozze, ben vestiti e mascherati. Chiudono il corteo i Paiaci, che indossano gli abiti dei mestieri di un tempo e hanno il volto coperto da una maschera in legno dai tratti molto espressivi e scherzosi.
I Paiaci realizzano dei teatrini di strada che prendono scherzosamente in giro personaggi e fatti del paese. Come reagiscono i diretti interessati?
Sono scenette scherzose relative all’amministrazione comunale, magari ai lavori pubblici non eseguiti a regola d’arte, all’elezione del sindaco o a semplici pettegolezzi che coinvolgono i paesani. L’atmosfera goliardica del carnevale riesce a mitigare le piccole ruggini.
Chi partecipa all’organizzazione del Carnevale?
I partecipanti sono per lo più persone del paese, che già possiedono il costume e la maschera, in alcuni casi anche più di una, ricevute in eredità dai genitori o dai nonni.
Se qualcuno vuole prendere parte alla sfilata ma non possiede il costume, la prima volta se lo fa prestare. Se poi il ruolo gli piace, si fa dare una mano nella realizzazione di vestiti e accessori, che poi si terrà per tutta la vita. Non c’è un’assegnazione fissa del ruolo, ognuno può scegliere di interpretare chi più gli piace.i sci sono oltre 800, mantenendo i numeri degli scorsi anni, ma grazie all’ampliamento e alla nuova seggiovia abbiamo visto partecipazione anche da genitori, che approfittano per farsi anche loro una bella sciata.
I costumi e le maschere di legno sono molto impegnativi da realizzare. Chi se ne occupa?
Le maschere di legno sono state scolpite a mano da artigiani del posto, molto numerosi fino a qualche decennio fa. Negli ultimi anni alcuni giovani si sono avvicinati a questa lavorazione tradizionale per apprenderne l’arte, tanto che in un prossimo futuro ci piacerebbe organizzare un corso a tema con uno scultore professionista.
Le giovani generazioni hanno un peso importante nel continuare a far rivivere il rito anche in futuro. Qual è la vostra ricetta per avvicinare i bambini al carnevale?
Coinvolgiamo la scuola d’infanzia e le scuole elementari del posto in laboratori a tema, in cui approfondiamo in modo leggero e coinvolgente il significato e il funzionamento del rito, portiamo i costumi e li facciamo provare ai bambini, anche se tanti conoscono già il carnevale grazie alla famiglia.
Quest’anno, per ricordare la nostra compaesana Ester Palmieri vittima di femminicidio nel 2024, abbiamo fatto preparare agli scolari i capucia degli Arlechini, con cui sfilano tra le frazioni, ricordando di volta in volta Ester e tutto ciò che ha fatto per la comunità.
Il martedì grasso poi come Pro Loco organizziamo El Carnevale dei popi, con la sfilata in costume e la festa presso il teatro di Casatta, con animazione e una merenda in compagnia.
Come vengono tramandatati gli elementi principali del rito, non essendoci niente di scritto?
Ormai il nostro carnevale è diventata una consuetudine radicata. La gente sa che c’è, quando è e si prepara in autonomia per la sfilata. Negli anni Novanta questo rito era poco sentito, per lo più dalle persone più anziane che non volevano che scomparisse, sostituito da feste più commerciali.
Nel 2000, un gruppo di paesani, che voleva preservare questo elemento identitario della comunità, ha fondato il Comitato del Carnevale di Valfloriana, portando il carnevale nelle scuole e sensibilizzando le famiglie, facendo crescere l’attaccamento per questa usanza, fino ai numeri lusinghieri dei giorni nostri.
Cosa rappresenta oggi il carnevale per la comunità?
Nel nostro piccolo comune, in cui le persone sono sparpagliate nelle frazioni, non è facile creare momenti di aggregazione e il carnevale contribuisce a tener viva la comunità.
Quest’anno abbiamo recuperato un’usanza caduta in disuso da più di trent’anni, quella delle mascherate spontanee. A partire dalle settimane dopo l’Epifania, piccoli gruppi di persone girano in corteo per le frazioni, facendo delle improvvisate nelle case, scambiando due parole e ricordi di feste passate, con particolare attenzione verso chi è solo o anziano.
Tutto questo è anche un’opportunità, perché la sfilata del sabato grasso porta a Valfloriana tante persone da fuori, facendo conoscere la nostra realtà. La speranza è che qualcuno di loro torni in visita in paese anche in altri periodi dell’anno, creando così delle ricadute positive per le strutture economiche presenti sul territorio